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Persuasione indebita. Un modello bidimensionale

Aggiornamento: 26 ago 2020

Luigi Corvaglia



Premessa


Gran parte del dibattito fra il cosiddetto “movimento anti-sette” e quelli che sono chiamati gli “apologeti dei culti” (entrambe etichette costruite dai rispettivi avversari) si gioca sul tema della manipolazione mentale.  Questo è un problema generalmente mal posto. Si è voluto far intendere che esista una contrapposizione fra negatori e fautori del controllo mentale quasi che si trattasse di credenti e non credenti in un fenomeno soprannaturale. Infatti, i “non credenti”  (cioè gli “apologeti dei culti”) dimostrano lo stesso atteggiamento di ironico sprezzo nei confronti della teoria della manipolazione e dei suoi “fedeli” che gli atei mostrano nei confronti del creazionismo e dei religiosi. Non è un caso che essi definiscano il controllo mentale “lavaggio del cervello”, termine più adatto ai fumetti che alla discussione scientifica e che, nella sua grottesca metafora, mette in luce la assurdità della teoria. D’altro canto, non è improbabile che esistano realmente persone che credono in straordinarie ed infallibili tecniche di controllo mentale alla “a me gli occhi, please”. Non ne ho mai incontrate, ma non lo escludo. Esiste ogni tipo di gente. Il fatto è che non è di questo che parliamo quando parliamo di “manipolazione mentale”. Il tema centrale è la persuasione indebita. Chi contesta, in buona o in cattiva fede, l’idea “magica” della manipolazione mentale ripetendo che “la scienza ha rigettato la teoria del lavaggio del cervello” sta sparando contro un avversario che non esiste, almeno  non nell’ambito degli studiosi dei culti, benché ritengo che costruire un simile fantoccio da crivellare di colpi possa essere utile. Distoglie l’attenzione dal vero problema e mette in luce la supposta pochezza  dell’avversario. 


Il modello circomplesso della persuasione


L’errore principale nella discussione sul tema è sempre stato quello di definire la persuasione come un costrutto costituito da una sola dimensione. Se esiste una sola forma di persuasione, per alcuni questa sarà sempre lecita (“tutti persuadiamo e siamo persuasi”), per altri potrà anche essere talvolta maligna, ma questi stessi non sanno come tracciare il limite con quella lecita. E’ necessario introdurre una dimensione ignorata, quella della finalità del persuasore, cioè la dimensione dell’ interesse. Questo è un costrutto che possiamo schematizzare in un asse che ha ai due poli l’egoismo (interesse per sé) e l’altruismo (interesse per l’altro). L’introduzione di questa nuova dimensione amplifica enormemente il ventaglio dei connotati e delle tipologie espressive della persuasione. Queste possono essere riprodotte spazialmente intersecando due assi  secondo la tradizione dei modelli circomplessi in uso in psicologia (fig. 1). 




fig. 1 – Modello circomplesso della persuasione (Corvaglia, 2019)


Ponendo in asse orizzontale l’impegno persuasivo e intersecandolo con un asse verticale che rappresenta l’atteggiamento verso la propria utilità personale otterremo quattro quadranti. Immaginando che l’impegno persuasivo (o lavoro di influenza) vada crescendo muovendosi verso destra sull’asse orizzontale e la motivazione egoistica vada crescendo verso l’alto lungo quello verticale, i quadranti ottenuti nella metà sinistra dell’immagine rappresenteranno l’area di minimo impegno persuasivo. La chiameremo area del disimpegno o di non influenza. Infatti, la combinazione di alto egoismo  e bassa influenza sull’altro (quadrante a sx in alto), comporta la non curanza, l’ indifferenza, che è la versione negativa del disimpegno (“non ti controllo perché non mi interessi”). Il disimpegno altruista (quadrante a sx in basso) è invece espressione di rispetto per l’altro (“non ti controllo perché ti rispetto”). La parte destra della figura, che possiamo chiamare area dell’ influenza, descrive invece tanto la persuasione benigna quanto quella maligna. La prima è data dalla combinazione di disinteresse per sé e cura dell’altro. E’ il quadrante dell’ educazione o della cura (in basso). L’espressione massima di questa modalità di persuasione altruistica è sicuramente quella della educazione genitoriale, tutta orientata alla edificazione della prole. In differenti collocazioni spaziali, dipendenti dalla cangiante quota di altruismo e persuasione, trovano posto in quest’area benigna anche la formazione da parte di educatori preposti (insegnanti, ecc.) e le varie forme di proselitismo ed educazione religiosa o politica di gruppi sinceramente orientati alla cura ed al miglioramento sociale o spirituale. Il quadrante in alto a destra, dato dalla combinazione di alto impegno persuasivo e interesse per la propria utilità, è l’area del controllo.  E’ qui che trovano posto le varie forme di proselitismo e rieducazione finalizzate alla affiliazione a gruppi chiusi e totalitari, quelli che chiamiamo culti distruttivi. E’  questo il quadrante che racchiude i comportamenti a cui spetta la definizione di “manipolazione mentale”.  


Conclusioni


Sulla scorta del modello qui proposto senza alcuna pretesa di esaustività, si può ora fare qualche considerazione su quanto espresso in premessa:

a. Innanzitutto, questo modello non necessita di immaginare magici poteri di controllo e influenza. Infatti a definire cosa sia la persuasione indebita non è la tecnica adottata per convincere gli altri, bensì la finalità di questa opera di persuasione. L’ accento è sull’aggettivo (“indebita”) e non sul sostantivo (“persuasione”). L’aggettivo è dato dall’asse dell’interesse. Manipolazione mentale è quindi una metafora per descrivere una forma di subordinazione indotta finalizzata al perseguimento dell’utile personale del persuasore. Questo  non vuol dire che non esistano tecniche di persuasione. Affermarlo sarebbe negare tutta la letteratura sulla propaganda politica e la pubblicità commerciale. Le tecniche esistono ma non sono né magiche né specifiche. Probabilmente non sono neppure importanti quanto le pratiche utilizzate per trattenere gli individui una volta entrati nel gruppo. E’ lì che si gioca la partita. 

b. Affermare che chi si oppone ai culti distruttivi sia ostile a qualunque forma di proselitismo o di spiritualità diventa asserzione visibilmente falsa una volta che si osservi lo schema circomplesso che separa chiaramente i quadranti che includono i gruppi totalitari dagli altri e lo fa con delle coordinate chiare ed oggettivabili. 

c. Una considerazione finale  va fatta sulla “incredulità” di chi nega la manipolazione. Questi, in realtà,    non è un “non credente”; è ‘anzi una persona che ritiene che la persuasione sia ineliminabile, perché ogni rapporto è un rapporto di influenza (quello fra amici, fra fidanzati, fra insegnanti ed alunni, ecc.) . Per questo motivo ritiene che non ne esista una forma indebita. Non si può censurare un comportamento umano fondamentale, dice. In definitiva, è credente ma anti-proibizionista. Questo ragionamento è fallace, perché si basa su una lettura monodimensionale, insensibile alla posizione del persuasore lungo il continuum che descrive il vantaggio personale da ottenersi a scapito degli altri. Il ragionamento anti-proibizionista degli apologeti dei culti è analogo a quello di chi non censurerebbe una persona che inducesse una ragazza a ubriacarsi per poi abusarne sulla base dell’idea che sia lecito bere come il persuadere gli altri a farlo.

In conclusione, queste coordinate non sono certo le sole in grado di definire la manipolazione mentale, ma di certo contribuiscono a rendere più leggibile una mappa che probabilmente qualcuno vuole mantenere poco chiara.  


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